Tuesday, October 24, 2006
Klaus



Giovedì 19 ottobre 2006

Hotel de la lune
“Klaus”
Devozioni VII

Un viaggio apparentemente senza speranza, l’ultima devozione di Gian Maria Tosatti.
Immersa nella splendida cornice di Villa Aldobrandini in un piccolo stabile ad uso magazzino del Rione Monti, questa istallazione apre un lugubre immaginario. Trae le sue suggestioni oltre che dal luogo, facendo fede alla poetica del gruppo, dal capolavoro di Carrol, da “Klaus”(?) e dalle inondanti sonorità dei Pink Floyd.

Attraverso delle scale ancora all’aperto si accede ad una piccola porta di ferro: inizia il mio viaggio! Una, due buie ripide rampe di scale mi costringono ad una incerta quindi lenta discesa, necessariamente coadiuvata dal metallico corrimano; in fondo, una stanza malamente illuminata dagli sporchi vetri di una grande finestra. Sono dentro quella che fu una classe, la radio sulla cattedra e l’icona bizantina rimandano all’idea di una artificiosa vigilanza. L’unico attore dell’ istallazione (Tommaso Gravini) si palesa, poco rassicurante, attraverso due varchi uno sopra l’altro, sulla parete di fondo.
Nell’altro ambiente, ci sono due grandi tinozze colme di vecchi giornali, una sfera di pietra a terra, sotto un enorme cratere nel solaio che l’umidità, con una maestria inimmaginabile, ha disegnato circolare è la stanza dei cerchi. Qui, un mucchio di calcinacci mi indica la via ad una scala a chiocciola; nel passaggio per raggiungerla dei cerini incoraggiano l’avventore. Armata di fioca luce, mi accingo ad entrare. La breve durata del fuoco scandisce la mia salita, l’ambiente è umido e claustrofobico. Un abbaino ovale, oltre ad evitare che io abbia un malore, consente la visuale della stanza dei ‘cerchi’, mi fermo, osservo ma c’è ancora da salire…

Viaggio senza speranza, dicevo, ma a torto. L’immaginario mortifero di Tosatti stavolta lascia un piccolo spiraglio nelle morbide forme del secondo ambiente. E allora si è di nuovo disponibili, in questo caso, a un altro pugno nello stomaco.
Ma non è l’emozione che si vuole evocare la cosa importante. Sebbene in una creazione non si debba necessariamente andare incontro al gusto di chi guarderà, ciò da cui non ci si può esimere è considerare i limiti di fruibilità. L’equilibrio dell’opera non è sottovalutabile. Nessuno certamente può avere coscienza della sensibilità del singolo, lo sforzo che si deve fare, allora, è presumere dei limiti di sopportazione. Valori massimi quindi, non assoluti, che rispettino parametri generali ai quali ci si deve attenere.
Una visione questa “Settima Devozione”, il cui punto di vista è inequivocabilmente fornito dall’autore e i rimandi invece soltanto suggeriti. Il coinvolgimento non è fattivo, ma di pensiero: ci si incontra in un luogo ideale e si diventa coautori di un’opera unica e personale di cui Hotel de la lune è solo il medium.
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Ho apprezzato il lavoro di quello che definisco un visionario mestierante che dà una parola, una delle tante possibili , ai luoghi e al tempo che li ha attraversati.
 
posted by gio' at 1:53 PM | Permalink |


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